Legambiente: “quella di Chernobyl sia una lezione per l’umanità”
di Margherita Ambrogetti Damiani
dal sito: "Nuova Ecologia" del 02.03.2022
Il solo passaggio di mezzi militari pesanti ha alzato la radioattività di 15 volte. Se degli ordigni colpissero il reattore, le catastrofiche conseguenze interesserebbero l'intera Europa Angelo Gentili - Responsabile progetto Chernobyl di Legambiente
La preoccupazione che l’attacco russo possa generare un nuovo disastro nucleare in un’area già fortemente provata dall’incidente del 1986. Intervista ad Angelo Gentili, responsabile del Progetto Rugiada di Legambiente
Le notizie che negli ultimi giorni sono giunte dall’Ucraina hanno gettato il mondo nello sgomento. Mai avremmo pensato di dover assistere a un ennesimo conflitto nel cuore dell’Europa. Eppure, è successo. E i tentativi di trattativa sembrano non essere destinati a far raggiungere un cessate il fuoco nell’immediato futuro. Un intero popolo è in fuga. Donne e bambini stanno lasciando il Paese. Gli uomini sono chiamati a combattere. L’esercito russo continua ad attaccare. Il conto delle vittime è già severissimo. A questo scenario di cui mai ci saremmo voluti trovare spettatori, si aggiungono elementi indubbiamente non meno rilevanti su cui è fondamentale ragionare. Da una parte, c’è la questione energetica e la forte dipendenza dell’Europa dal gas russo; dall’altra, il rischio che l’attacco russo possa generare un nuovo disastro nucleare in un’area già fortemente provata dall’incidente di Chernobyl del 1986. Di questo, abbiamo parlato con Angelo Gentili, responsabile del Progetto Rugiada di Legambiente, un percorso attraverso il quale l’associazione del cigno verde ha donato speranza a intere generazioni di bambine e bambini che vivono nelle zone ancora contaminate.
Il conflitto in cui è piombata l’Ucraina sta angosciando il mondo. I cronisti ci stanno raccontando momento per momento cosa sta accadendo sul fronte di guerra. C’è un tema però di cui si parla ancora troppo poco: il rischio nucleare. Quali sono i possibili scenari e come evitarli?
Poco fa, è stata battuta un’agenzia in cui si racconta di centinaia di cittadini che hanno bloccato la strada di accesso alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, vicino alla cittadina di Enerhodar, nel sud – est dell’Ucraina ai militari russi. Fonti di informazione russe, invece, fanno sapere che le forze militari hanno preso il controllo dell’intera area intorno alla centrale. A Zaporizhzhia si trovano 6 dei 15 reattori del Paese. Stando alle informazioni che ci giungono, pare che i russi abbiano già preso il controllo anche della centrale nucleare di Chernobyl. Basta questo per capire quanto e come il rischio di un nuovo disastro nucleare sia dietro l’angolo. I reattori ucraini e la dismessa centrale di Chernobyl sono obiettivi sensibili nell’area del conflitto e potrebbero generare conseguenze drammatiche per tutta Europa. Di per sé, ciò dovrebbe far capire quanto sia scellerato e pericoloso nel 2022 parlare ancora di nucleare e quanto sia necessario lavorare affinché si raggiunga presto un cessate il fuoco. Alla distruzione generata dai bombardamenti e dagli attacchi russi, alle tante morti innocenti di queste ore, alle migliaia di profughi che stanno cercando salvezza oltre confine, il rischio è che si aggiunga il dramma di un ennesimo fallout radioattivo. Peraltro, in zone ancora oggi fortemente colpite dalle conseguenze dell’incidente del 1986. Come associazione, con il Progetto Rugiada da ormai molti anni portiamo il nostro aiuto alle bambine e ai bambini che vivono nelle zone contaminate. Se ne parla troppo poco, ma è bene ricordarlo: ancora oggi, 5 milioni di persone tra Russia, Bielorussia e Ucraina vivono in aree fortemente contaminate dalla radioattività. Ogni giorno, sono costretti a mangiare cibo e a bere acqua contaminati. La diretta conseguenza di questa esposizione senza sosta è la proliferazione di patologie tumorali e un abbassamento sensibile delle difese immunitarie. Un dramma a cui si sono aggiunte la pandemia prima e la guerra poi. Le trattative per la pace non possono non tenere conto anche di questo disastro nel disastro.
Cosa ha fatto e sta continuando a fare Legambiente per l’intera area?
Con il Progetto Rugiada e il Centro Speranza, collocato in Bielorussia, oltre a fornire alle bambine e ai bambini per un mese cibo sano e pulito, in modo tale da agevolare l’abbassamento dei livelli di radioattività, consentiamo loro di sottoporsi a visite mediche allo scopo di effettuare un monitoraggio rispetto all’eventuale insorgere di patologie tumorali e non solo. I piccoli che soggiornano nel centro, in 4 settimane, vedono il livello di radioattività scendere dal 30% fino al 50%. Una goccia nel mare, è vero, ma pur sempre una bellissima speranza per il futuro. Il nostro impegno in questi anni è stato costante e l’attuale conflitto non lo ha arrestato. Un numero tra i tanti: in Italia, Legambiente ha ospitato 25.000 tra bambine e bambini provenienti da Russia, Bielorussia e Ucraina. Le donne, i bambini e gli uomini che vivono nelle zone contaminate e, più in generale, nelle aree colpite dalla guerra, non possono e non devono essere lasciati soli. Il fatto che al solo passaggio dei mezzi militari russi nell’area della centrale di Chernobyl il livello di radioattività dell’aria si sia alzato di ben 15 volte deve rappresentare per l’intera comunità internazionale un campanello d’allarme e noi di Legambiente, che da tempo operiamo nella zona, abbiamo il dovere di portare alla luce questo ulteriore rischio umanitario.
In caso di incidente provocato dagli ordigni a uno dei reattori o al sito di Chernobyl sarebbe a rischio l’intera Europa?
Mettiamo le cose in chiaro: nella zona della centrale nucleare di Chernobyl ci sono 200 mila tonnellate di materiale radioattivo. Come se non bastasse, il nucleo è ancora attivo e la possibilità che il nuovo sarcofago realizzato a copertura del quarto reattore subisca danneggiamenti è elevata. Se a questo si aggiunge il pericolo che venga danneggiato uno dei 15 reattori in Ucraina, gli elementi per un disastro annunciato ci sono tutti. Senza dubbio, avremmo a che fare con un fallout che coinvolgerebbe tutta Europa. Per questo, l’appello è a tutte le Nazioni affinché quella di Chernobyl sia davvero una lezione per l’umanità. Serve dire mai più esattamente come è fondamentale contrastare con ogni mezzo lo spauracchio assurdo e inconcepibile di una possibile guerra nucleare. Serve farlo nelle piazze, durante le nostre manifestazioni, ma anche con la politica e la diplomazia.
A proposito di nucleare: il conflitto Russia – Ucraina rischia di compromettere le nostre forniture di gas. Legambiente ha parlato senza mezzi termini: per costruire la pace servono anche le rinnovabili. Ci spiega meglio questo concetto?
Mobilitarsi per la pace non significa solo invocarla nelle piazze. Certo, è importante, e come associazione stiamo manifestando in ogni luogo possibile, insieme alle associazioni del terzo settore e al popolo della pace che si è fortemente mobilitato in Italia, in Europa e nel mondo. La fine del conflitto, però, può essere raggiunta anche attraverso il grande lavoro di mediazione che l’Europa potrebbe mettere in campo. Per essere forte e incisivo, però, tale ruolo deve essere svincolato da ogni genere di ricatto, compreso quello del gas. Facciamo l’esempio dell’Italia: ad oggi, siamo dipendenti dal gas che ci arriva dalla Russia. Va da sé che questo ci mette in grave difficoltà anche rispetto alle trattative in corso. Se l’Unione europea decidesse davvero di intraprendere la strada delle rinnovabili, mettendo da parte ipotesi assurde come il nucleare, avrebbe indubbiamente una maggiore autonomia in ogni genere di contesto internazionale e ciò potrebbe agevolare il suo ruolo nella costruzione della pace. Puntare sulle rinnovabili significa non solo combattere il climate change ma anche renderci liberi e autonomi. La strada è indubbiamente ancora lunga, ma il conflitto in corso deve assolutamente rappresentare una spinta propulsiva verso questo traguardo. Al contrario, è bene archiviare ogni dibattito fuori dal tempo sulle centrali a carbone. Pensare di tornare al carbone per fare fronte all’emergenza energetica equivarrebbe a riavvolgere il nastro di qualche decennio, rischiando di farci pericolosamente scivolare in un passato remoto impantanato da cui sarebbe difficile riuscire a tornare avanti.
Da anni, con la nostra associazione viviamo direttamente le aree teatro del conflitto e posso dire con forza e determinazione che il popolo ucraino, quello russo e quello bielorusso sono fratelli. Tra loro non esistono confini. A delimitarli, oggi, sono la guerra, i morti, la distruzione, le migliaia di profughi e la disperazione. Serve immediatamente operare per la pace, per il dialogo, per le trattative, fermando senza indugi le azioni militari con tutti i mezzi possibili. L’unico nostro obiettivo, adesso, deve essere la ricerca di uno spiraglio che permetta di fermare la pioggia di bombe e il conflitto.